domenica 20 gennaio 2013

Che il razzismo non diventi un alibi. Evitiamo demagogia e ipocrisia.

Si parla tanto in questi ultimi giorni della questione relativa al razzismo. In particolare, il razzismo negli stadi italiani, nei campi di calcio, nello sport italiano.
Il rischio è di cadere nella demagogia, nell'ipocrisia o di farlo diventare un puro e semplice alibi.
Non bisogna fare come gli struzzi e mettere la testa sotto la sabbia, assolutamente no. Il razzismo va combattuto in ogni sede e in ogni dove, su questo non ci piove.
Iniziamo a ricordare il significato della parola razzismo : "concezione fondata sul presupposto che esistano razze umane biologicamente e storicamente superiori ad altre razze. È alla base di una prassi politica volta, con discriminazioni e persecuzioni, a garantire la 'purezza' e il predominio della 'razza superiore'. (definizione enciclopedia Treccani). Bisogna sempre partire dall'etimologia e dal significato di una parola, onde evitare di creare confusione o appositamente alterare la realtà.
Non siamo ipocriti: il razzismo esiste da una vita, e, purtroppo continuerà ad esistere. Non siamo ipocriti. Basta guardare la realtà quotidiana: provate a salire su un mezzo pubblico, a guardarvi attorno. Magari notate alla fermata salire alcune o anche una sola persona di colore. Dove va il pensiero? Il pensiero va subito a verificare se oblitera il biglietto o meno, già pronti a sbottare per l'assoluta convinzione che il biglietto non lo obliterà. Fate lo stesso ragionamento mentale se sul tram sale una persona dello stesso colore della vostra pelle? L'esempio può essere semplice e anche molto banale e stupido, e si presta a diverse integrazioni e varianti. Quello che volevo mettere in evidenza è che, nella società, volente o nolente, consciamente o inconsciamente, c'è una forma mentis portata alla discriminazione e al razzismo.
Sta a tutti noi combatterla per fare in modo che, il cosiddetto principio di "liberté, égalité, fraternité", possa finalmente essere un cardine della società in cui viviamo.
Passiamo a quello che accade nel mondo del calcio, dove, negli ultimi giorni, si sta creando (ad arte) una certa confusione tra quello che è razzismo e quello che è insulto. Se i "bu" che provengono dallo stadio quando un giocatore di colore tocca la palla, sono evidenti episodi di razzismo, tali non si possono definire i cori (seppur beceri, deprecabili ed inqualificabili) che invocano eruzioni vulcaniche, nuove stragi (vedi Heysel), nuove Superga, etc, etc.... . Questi sono insulti, da condannare sicuramente, ma nulla hanno a che fare col razzismo.
Notizia di oggi chenel campionato Beretti, il Casale si è ritirato dal campo per presunte offese razziste da parte dei giocatori della Pro Patria (sempre lì si va a finire) nei confronti di un ragazzo della squadra piemontese. La partita era sul punteggio di 2-0 a favore della Pro Patria. Ora, sorgono spontanee alcune domande: a Busto Arsizio sono tutti razzisti, a cominciare dai ragazzini, sino ai più vecchi? Insomma, Busto Arsizio è cittadina razzista per eccellenza? Non è che per caso, visto il risultato negativo, qualcuno del Casale abbia pensato di fare un gesto eclatante , cercando, oltre alla visibilità mediatica, anche la vittoria a tavolino?
Sempre la Pro Patria, protagonista con il plateale gesto di Boateng, qualche giorno fa. Titoloni per Boateng, solidarietà, paroloni e paroloni e paroloni. Due giorni dopo, a quanto pare, Boateng era nella sede del Milan per parlare di un eventuale approdo in altri lidi (richiesta adeguamento di contratto?).
Oggi, fronte sponda Napoli, sul web, circolano indignazione per i cori contro i napoletani uditi ieri sera allo Juventus Stadium (e su questo sono d'accordo), per poi agganciarsi alla richiesta di sospensione della partita. La partita andava sospesa? E per quale motivo? Vero che i cori sono da condannare e da deprecare, ma sulla base di quale assunto si dovrebbe sospendere la gara? Quante gare allora sarebbero dovute essere sospese nel corso degli anni per gli infamanti cori sull'Heysel? O per la tragedia di Superga?.
Ero in curva e condanno i cori inneggianti al Vesuvio. Questo però non è razzismo. Altrimenti, usando questo metro di paragone, i tifosi del Napoli sarebbero i primi a dover essere considerati razzisti nei confronti dei loro stessi concittadini che tifano Juventus e che vengono apostrofati nei modi peggiori.
Qualche anno fa la Juventus fu punita con la squalifica del campo per presunti cori razzisti nei confronti di Balotelli. Anche allora fu solo demagogia. I cori non erano razzisti. Balotelli avrebbe potuto essere anche di un bianco splendente, ma i cori se li sarebbe "beccati" ugualmente. I cori non erano contro il colore della pelle, ma per l'atteggiamento del giocatore e per la maglia che indossava. Va da sè che, sempre la stessa curva bianconera, nello stesso anno (e non solo) tributò applausi ad un certo Clarence Seedorf che, se non sbaglio, ha lo stesso colore di pelle di Balotelli (senza considerare che nella Juve giocava un certo Sissoko, che proprio bianco non era). Ci si chiede allora come mai ad esempio, alla Lazio, non è mai stata comminata alcuna penalizzazione simile? Eppure è chiaro e lampante, come sia una della curve che più discrimina i giocatori di colore (ultimo caso Ibarbo, partita Lazio - Cagliari).
Anche su questo fronte quindi, non c'è uniformità di decisioni e di giudizi. Occorre una riforma del calcio, ma una riforma vera a 360 gradi.
Suvvia, non diventiamo "mariuoli intellettuali": Non prendiamoci in giro e non cerchiamo di trovare in ogni cosa, un pretesto per trarne un arricchimento. Cerchiamo di essere realisti, di non cadere nella demagogia e nell'ipocrisia. Cerchiamo tutti insieme di fare di questo un mondo migliore. Con onestà e realismo.

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