NEREO ROCCO: “DAME EL TEMPO”. (Trieste 5 maggio 2012)
Metti un giorno, in quel di Trieste, a sorseggiare un caffè
e a chiacchierare amabilmente con Bruno Rocco, figlio dell’indimenticato
“Paron”. Il 20 maggio 2012 ricorrerà il
centesimo anniversario dalla nascita di Nereo Rocco e ,Trieste ,commemorerà
l’evento con una grande mostra a Lui dedicata, che aprirà i battenti il 15
maggio e rimarrà aperta sino al 31 luglio. Bruno è una persona che ti mette
subito a suo agio. Schietto, sincero, disponibile e generoso nel suo raccontare.
Valori che gli sono stati inculcati dalla famiglia e dal padre, innanzitutto.
Mi racconta di come avesse intrapreso
anche lui la carriera calcistica, arrivando sino alla serie B. Giocava nel
ruolo di mediano, tutto grinta e cuore, ma, all’età di 21 anni smise per
dedicarsi a tempo pieno all’attività di famiglia. La sua è stata un’infanzia
felice anche perché, nonostante il padre fosse nel pieno della attività di
allenatore, mai trascurava la famiglia. Se non la domenica, il lunedì rientrava
a casa, perché per Nereo Rocco la famiglia è sempre stata essenziale. Anche
quando non c’era, sapeva tutto ciò che i suoi figli facevano e non facevano.
Insomma, anche a distanza, aveva mille occhi e orecchie , per stare vicino ai
figli. Nulla gli sfuggiva e, coglierlo in castagna era alquanto difficile.
Provare a rincasare tardi la sera senza essere scoperti, era praticamente
impossibile. E, colto sul fatto, il buon Bruno se la cavava con qualche
rimbrotto in dialetto triestino che il
papà dispensava in modo mirato. Poche parole ma chiare ed esaustive.
Bruno mi racconta con orgoglio di essere sposato da quasi 50
anni e di quanto suo papà, Nereo, volesse bene a quella ragazza che ne sarebbe
divenuta la nuora. L’aveva subito accolta in famiglia, con generosità e amore.
Il desiderio più grande del “Paron” era quello di avere delle nipoti femmine.
Di maschi (avendo avuto due figli), già ne aveva abbastanza. Quando nacque la
primogenita di Bruno, il buon Nereo, stette più di mezz’ora chino a fissarla
amorevolmente, quasi incredulo, che quel suo desiderio si fosse realizzato.
Quando chiedo a Bruno se non sia mai stato allenato dal
padre, mi dice di “no”, ricordando una sola volta di aver giocato contro una
squadra da lui allenata. E, alla fine della partita, rivolgendosi al figlio,
per commentarne la prova, una sola parola “Disastro”.
L’immagine che viene attribuita a Nereo Rocco è , molte
volte, quella di una persona seriosa e
burbera. Il quadro che ne emerge dall’intervista col figlio, è l’immagine di
una persona essenziale, severa quando occorre, ma anche scherzosa. Un uomo che diceva “pane al pane e vino al
vino”. A proposito, mi è capitato di trovare in alcuni articoli, accenni
marcati sul fatto che Nereo Rocco fosse un gran bevitore. Nulla di più falso.
Amava il buon vino, questo sicuramente, ma da qui a farlo passare quasi come un
alcolizzato, ce ne passa di acqua sotto i ponti.
Bruno mi racconta anche di quando, riuscì a fare un
“gavettone” al papà, cogliendolo di sorpresa. E si, perché l’impresa era
tutt’altro che semplice. Un pomeriggio, quando Nereo era in giardino, il buon
Bruno lo convinse che al telefono c’era un dirigente del Milan che doveva
parlargli urgentemente per questioni di mercato. E, siccome a quel tempo, il
telefono era attaccato al muro della parete (non c’erano i cordless), Nereo
partì in quarta per recarsi dal giardino all’interno della casa e fu
“giustiziato” con un mega gavettone memorabile.
Nereo Rocco ha
lasciato ottimi ricordi di sé in ogni posto dove è stato, sia da allenatore che
da giocatore. Bruno mi racconta di
quando Rivera trascorreva qualche giorno di vacanza da loro, in quel di
Trieste. Anche Bruno è come il papà. Ti entra nel cuore sin da subito, con la
sua spontaneità, la semplicità e il suo modo di essere. E sono certo che da
lassù, papà Nereo, lo accompagna con infinito amore.
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